Tutto pronto a Collesalvetti per la mostra di Giancarlo Cocchia (1924-1987), indimenticabile maestro della pittura livornese, che aveva studiato all'Accademia di Brera di Milano.
Insegnante di diverse generazioni di aspiranti pittori all'Accademia Trossi Uberti, come per esempio l'artista Dario Ballantini, Cocchia ha saputo coniugare l'anelito alla modernità e quello all'antichità con una sapienza davvero notevole e inconsueta per un pittore livornese ( se si eccettua Amedeo Modigliani)
Queste sue caratteristiche rappresentarono la sua forza, ma anche il suo limite, nel senso che ebbe difficoltà a far accettare la sua arte persino in un contesto cittadino. Ma già verso la fine della carriera aveva collezionato delle importanti committenze italiane all'Università di Camerino e presso il Coro dell'Antoniano di Bologna, senza dimenticare la chiesa livornese di Collinaia.
Di lui non hanno scritto in molti, ma chi l'ha fatto ha sempre cercato di celebrarlo e di trovare dei degni precursori o antesignani della sua personale pittura. Cocchia ha avuto estimatori soprattutto in ambienti culturali piuttosto elevati e collezionisti affezionati come Gino Graziani e famiglia, Luciano Castelli e Renato Orlandini
Non è un artista commerciale, anche perchè di quadri in circolazione ce ne sono pochi e lui del resto non ne ha realizzati moltissimi, a differenza di coloro che militavano nel gruppo labronico.
Personalmente sono soddisfatto di aver partecipato alla votazione del 23 luglio 2010 su wikipedia e di aver dato il mio voto per il mantenimento della voce "Giancarlo Cocchia" all'interno della libera enciclopedia omonima ( finì 12-11 per noi).
Se parlare di Avanguardie livornesi degli anni '50 è sempre stato molto ostico non possiamo quindi che ringraziare la curatrice Francesca Cagianelli per il suo lavoro presente e futuro atto a riproporci personalità dimenticate ma di grande valore.
Ranking top 100: F. C. ( fuori classifica)