sabato 8 novembre 2014

SERATA FINALE DEL PREMIO CIAMPI




Serata finale del Premio Ciampi arrivato quest'anno alla ventesima edizione. Un vero record per la città di Livorno, non certo conosciuta per la sua costanza e perseveranza. Ma quando si tira in ballo la figura di Piero Ciampi non ci sono riserve o divisioni di sorta. Tutti sono concordi nel ritenerlo un personaggio degno di essere ricordato in eterno o giù di lì.
 
Contraddittorio, provocatore, senza mezze misure, in crisi con se stesso....Di lui se ne potrebbero dire tante e non si esaurirebbe il ventaglio dei suoi pregi e dei suoi difetti. Ciampi fu soprattutto l'anima popolare di Livorno, che sfugge al successo quando è ad un passo dal coglierlo. Solo così si può spiegare la sua parabola musicale che prometteva un futuro radioso, quando invece di Piero Ciampi si chiamava artisticamente "Piero Litaliano".
 
E' stato il padre o uno dei padri dei cantautori italiani. Peccato soltanto che abbia scritto soltanto i testi delle canzoni e non la parte musicale. Ma in fondo è proprio per questo che lo conosciamo come uno dei grandi poeti della canzone d'autore italiana. Del resto Ciampi non è andato mai a male e le sue canzoni sono ancora attuali, come "Andare, camminare, lavorare", in cui rivolgendosi idealmente agli italiani visti come "timidi, incoscienti, indebitati e disperati" propone come ricetta la trasformazione del petrolio in vino.
 
 

sabato 1 novembre 2014

GIOVANNI GELATI, UN GIUSTO TRA LE NAZIONI




Nel 2012 Giovanni Gelati fu nominato "Giusto tra le nazioni" da parte dello Stato d'Israele per aver salvato durante la seconda guerra mondiale i bambini ebrei Piera e Arnaldo Rossi.
 
Giovanni Gelati si trovava sfollato nel 1944 a Coreglia Antelminelli un paesino della lucchesia, speranzoso di trovare finalmente un pò di requie. Ma il paese era in subbuglio, dal momento che il podestà era stato rapito dai partigiani. A Gelati fu offerto di sostituirlo, ma lui accettò soltanto a patto di non pronunciare alcun giuramento. Divenne di fatto una sorta di podestà antifascista che, grazie a quel ruolo, riuscì a mediare tra nazisti e partigiani, evitando al paese un inutile quanto possibile bagno di sangue ( che avvenne invece nella non lontana Sant'Anna di Stazzema).
 
L'atto più coraggioso di Gelati fu però quello di mettere in salvo due bambini ebraici, figli di un suo amico. In questo ebbe un importante ruolo anche la moglie Lydia che nascose insieme a lui i bambini facendoli partecipare alle messe domenicali.
 
Finita la guerra,  Giovanni Gelati  divenne un grande avvocato di Livorno e della Toscana, famoso per le sue doti oratorie e per la sua vasta cultura. Le sue capacità relazionali sono testimoniate anche da un volumetto che soleva scrivere alla vigilia del santo Natale e che distribuiva a tutti i suoi amici e colleghi.
 
 Sopra ne riportiamo uno scritto nel 1983.


RANKING TOP 100: F.C.

sabato 25 ottobre 2014

EMILIO SALGARI E IL LIQUORE GALLIANO




Nel 1896 Arturo Vaccari, livornese doc, mise in commercio il liquore Galliano, ovvero quello che è stato il più grande liquore livornese della storia. Il nome, piuttosto insolito, è mutuato dalla figura leggendaria di Giuseppe Galliano, eroe di Etiopia, morto proprio nel 1896 durante la sanguinosa battaglia di Adua
 
Nel 1902 Emilio Salgari pubblicò il racconto "Lo schiavo della Somalia", la storia di un ragazzo africano che viene portato in Italia dopo una serie di vicissitudini. Fin qui nientre di strano, dal momento che lo scrittore veneto era noto per il suo esotismo. Quello che più stupisce è il modo con cui il somalo riesce a tornare in Italia. Per fare ciò, infatti, è necessario corrompere più di una persona e lo strumento più efficace risulta essere proprio il liquore Galliano.
 
Non c'è alcun dubbio che "Lo schiavo della Somalia" è stato la prima produzione letteraria italiana con un sottofondo pubblicitario. Perchè questo ? Forse sottobanco vi fu un compenso per l'autore da parte del Vaccari ? Qui inizia ad aleggiare il mistero anche se sappiamo bene delle frequentazioni livornesi di Emilio Salgari e la sua amicizia con Arturo Vaccari.
 
Un altro dettaglio ci sorprende dalla lettura del racconto: nel libro viene indicato che tutto ciò è una storia vera. Il somalo, tale Sadì Omar, arrivò veramente in Italia e lavorò nella casa di Arturo Vaccari, divenendo Il volto ufficiale dei suoi manifestini pubblicitari ( come si può vedere sopra).
 
Cessata la produzione a Livorno in corrispondenza con i bombardamenti della seconda guerra mondiale, il marchio Galliano è passato più volte di mano, diventando oggi proprietà addirittura della Abn Amro capital.
 
Il liquore Galliano rimane uno dei liquori dolci alle erbe più amati  in assoluto negli Stati Uniti d'America.

domenica 19 ottobre 2014

PATRICK MODIANO, UN NOBEL CON UN PO' DI LIVORNO




dopo Elias Canetti nel 1981, un altro scrittore di ascendenze livornesi, vince il premio nobel per la letteratura. Nel 2014 è stata la volta del francese Patrick Modiano, figlio di un ebreo originario di Salonicco.

Sulle origini di Modiano si sta scrivendo molto. Il suo ramo paterno faceva parte di quel nucleo di ebrei sefarditi che dal Portogallo si stabilì in Italia. Non a Livorno, come si potrebbe credere, ma  probabilmente a Modigliana in provincia di Forlì, che in quel momento apparteneva alla Toscana. Da lì poi ci sarebbe stato il trasferimento a Salonicco in Grecia.

I Modiano, quindi, non sarebbero mai vissuti a Livorno, ma non possiamo non definirli di origine livornese. Come è possibile tutto questo ? Semplice. Nel 1833 tutte le famiglie "Modiano" presenti a Salonicco furono registrate dal consolato toscano come "livornesi", e fu attribuito loro la cittadinanza ( sarebbe meglio dire la "nazionalità") livornese.

Patrick Modiano non è l'unico scrittore francese di un certo successo che vanta ascendenze livornesi. Ricordiamo infatti Nine Moati, autrice nel 1983 del bestseller francese "Les belles de Tunis" che è la storia (tunisina) della sua famiglia di origine ebraica livornese.

sabato 18 ottobre 2014

LIVORNO IN TUNISIA




La storia della Tunisia è  ricca della presenza livornese già a partire dal XVII secolo. Livornesi di religione ebraica vi erano sbarcati e avevano trovato in loco una già esistente comunità ebraica autoctona. Ben presto questa differenza emerse, tanto che le due comunità ebraiche in questione rimasero per molto tempo divise: da una parte i twansa ( ebrei tunisini), dall'altra parte i grana ( ebrei livornesi).

I livornesi furono da subito grandi lavoratori, grandi imprenditori e grandi uomini ( e donne) di cultura. Favoriti dai rapporti diretti con il porto di Livorno, aprirono importanti attività commerciali, come fu per esempio nel caso della ditta Franchetti-Enriques che produceva berretti alla tunisina. La ditta si riforniva di lana dal porto di Livorno, la lavorava a Tunisi e poi spediva i berretti a Smirne in Turchia ( per venderli naturalmente).

I livornesi poi avevano in mano, in condizione di monopolio, il commercio del cuoio e della cera. Per questo motivo c'è chi affermò che "La Tunisia appartiene ai livornesi". Apparteneva a loro il famoso suk el grana, ovvero uno straordinario mercato in un quartiere commerciale di Tunisi. 

A differenza degli altri ebrei tunisini che condivisero ben presto l'eredità francese, gli ebrei livornesi furono sempre ultra-italiani e cercarono di far valere a tutti i costi questa italianità. Nel 1956 Giuseppe Finzi, un tunisino di origine livornese, per ricompattare la comunità italiana della Tunisia ( formata al 70% da immigrati della Sicilia), facendo valere la posizione di egemonia culturale dell'elite livornese, fondò il "Corriere di Tunisi" che oggi è l'unico giornale in lingua italiana che si stampa nel nord Africa.


domenica 12 ottobre 2014

MARCO COLTELLINI DA BECCARIA A MOZART



Marco Coltellini è uno dei più curiosi e particolari personaggi non solo livornesi, ma anche italiani del '700. Sebbene per molto tempo si sia creduto che fosse nato a Livorno, negli ultimi anni si è capito che la sua città di nascita era Montepulciano in provincia di Siena. Nonostante questo non si può non considerare Coltellini come un livornese non solo di adozione ma anche d'origine controllata.

Il perchè della sua livornesità è semplice da capire e risiede soprattutto nel suo spirito. Il suo nome e la sua fama è legata in loco alla sua grande tipografia che diede alla luce nel 1764 la prima edizione italiana dell'opera di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene, un'opera simbolo dell'illuminismo italiano. Non pago di questo grande risultato si mise a stampare nel 1770 la terza edizione ( riveduta ed allargata) della famosa Enciclopedia di Diderot e D'Alembert, che gli procurò anche interessanti profitti finanziari e varie noie con le autorità religiose.

In questo periodo Coltellini si era già levato la tonaca di prete ( era infatti un abate) e faceva l'editore illuminato e illuminista. Ma un'altra era la sua passione che dovette rapirlo fino a fargli trascurare quella di stampatore ( la sua tipografia infatti chiuse dopo poco). Egli si cimentò con successo nel mestiere di librettista, scrivendo anche per Wolfgang Amadeus Mozart ( "La finta semplice" ), oltre che per l'altro grande compositore austriaco Joseph Haydn ("L'infedeltà delusa").

Dal 1764 al 1772 fu poeta cesareo alla corte di Vienna in sostituzione di Pietro Metastasio, ma da buon livornese si rovinò la reputazione con un gesto poco diplomatico. Una sua satira non piacque all'imperatrice d'Austria Maria Teresa. In uscita da Vienna trovò un impiego come librettista presso il teatro imperiale di San Pietroburgo, città in cui morì nel 1777, secondo qualcuno ( Il musicologo Arnaldo Bonaventura) avvelenato per ordine della zarina Caterina II ( che non avrebbe sopportato il suo spirito franco e irriverente).

sabato 4 ottobre 2014

IL LIVORNESE MODIGLIANI IN MOSTRA A PISA



E' appena iniziata la grande mostra su Modigliani nel 130° anno dalla nascita. Come sappiamo è Pisa la sede di questo evento, sebbene la città della Torre non abbia mai avuto alcun addentellato con l'artista "maledetto" livornese. Ormai però le polemiche sembrano essersi sopite e Livorno, città natale del maestro, si è messo il cuore in pace, salvo ingaggiare una tenzone tra due addetti ai lavori ( Carlo Pepi e Guido Guastalla) che rischia di lasciare qualche strascico.

Il titolo della mostra è "Modigliani et ses amis" è comprende una ricca collezione di opere non solo modiglianesche ( c'è anche Picasso, Soutine, Chagall e altri artisti europei) provenienti da importanti raccolte francesi tra cui quella del centro Pompidour.


Si prevede un grande successo in primis per gli organizzatori: la Fondazione Palazzo Blu di Pisa. Contemporaneamente a questa mostra ce ne sarà un'altra più leggera al Museo di San Matteo, che vedrà l'esposizione della famose tre false teste di Modigliani ripescate nei fossi livornesi nel 1984. 

Una postilla a questo punto è doverosa e non credo possa far rinfocolare le polemiche. Pisa in questo periodo mette in campo un Modigliani sontuoso, Lucca il mitico Giotto. E Livorno ?

martedì 30 settembre 2014

250 PRIMATI LIVORNESI




Aumentano ancora i primati di Livorno e dei livornesi. Sfogliando pagine di libri, enciclopedie cartacee o elettroniche si trova sempre qualche livornese che si è messo in evidenza durante il corso della storia. Se non è un livornese, come persona fisica, allora è Livorno, come città, a mettersi in vetrina.


Siamo dunque a quota 250 e non si tratta, come si potrebbe pensare di primati risibili. Per chi ha interesse a visionarli basta cliccare sul link statico sotto l'immagine di Pietro Mascagni della homepage. In grande spolvero Moses Montefiore e Carlo Azeglio Ciampi. Ma anche tante persone sconosciute o non famose.



sabato 27 settembre 2014

MONTEFIORE, IL FILANTROPO LIVORNESE PARENTE DI ROTHSCHILD





Molto spesso tra i grandi personaggi livornesi ci si dimentica di Moses Haim Montefiore, una delle maggiori personalità dell'Inghilterra vittoriana dell'800.

Questa dimenticanza è frutto probabilmente della diffidenza o del pregiudizio nei confronti dei cosiddetti "livornesi di foravia", come si identificano nella città di Livorno i labronici che se ne sono andati verso altri lidi italiani o stranieri.

Ma chi era Moses Montefiore, nato a Livorno da famiglia ebraica sefardita originaria della città labronica ? Inizialmente era un uomo d'affari che ebbe molto successo anche grazie alla parentela con Nathan Mayer Rothschild ( anche se era già ricco di famiglia). Con Rothschild aveva fondato l'Imperial Continental Gas, una società che aveva impiantato l'illuminazione a gas in varie nazioni del Nord e Centro-Europa, e L'Alliance assicurazioni ( l'odierna RSA), diventando poi direttore della Bank of Ireland.

A quarant'anni, ormai ricco sfondato e forse stufo di quelle attività, decise di votarsi alla filantropia. Maturò una fede meno svogliata e si gettò in imprese anche impossibili come quando tentò di liberare il piccolo ebreo convertito cristiano, Edgardo Mortara, a Roma.

Fondò un'intera città in Palestina e grazie ad un suo prestito ( e ad uno di Rotschild) ottenne l'abolizione della schiavitù nel Regno Unito. Fu nominato baronetto dalla regina Vittoria e divenne anche sceriffo di Londra. 

Di questo insigne figlio di Livorno, menzionato anche nell'Ulisse di Joyce ( episodio 4), esiste una lapide vicino alla sinagoga ebraica di via Benamozegh, che ricorda la sua nascita livornese.

Ranking Top 100: n.4

sabato 20 settembre 2014

NUOVA MONOGRAFIA SU VOLTOLINO FONTANI

Carlo Emanuele Bugatti, Voltolino Fontani ( monografia), 1972


Il primo critico d'arte di un certo peso a livello nazionale, che scrisse una monografia su Voltolino Fontani fu Carlo Emanuele Bugatti nel 1972. A quei tempi l'attenzione nei confronti del grande artista livornese non era molto elevata al di fuori dei confini cittadini, nonostante in passato Fontani fosse entrato a far parte della prestigiosa collezione Gustave Van Geluwe (un industriale fiammingo dell'abbigliamento orientato principalmente verso l'espressionismo belga e artisti come Picasso, Ensor e Permeke).

Bugatti, attuale direttore del Museo comunale d'arte moderna ( MUSINF) di Senigaglia, fu il primo critico d'arte ad accorgersi tra l'altro del potenziale artistico di Enzo Cucchi, curandone le prime monografie. 

A distanza di 40 anni e dopo l'eccellente parentesi del 2002 con la monografia curata da Francesca Cagianelli, un'altro importante critico d'arte italiano si occupa del grande maestro livornese. Si tratta di Martina Corgnati, figlia di quel Maurizio Corgnati  che fu l'ideatore del museo di arte contemporanea all'aperto di Maglione, una perla della creatività italiana al servizio della gente e della bellezza.

Martina Corgnati, che negli anni '90 curò alcuni cataloghi di Mario Madiai, all'apice della sua carriera, è nota nell'ambiente accademico italiano ed esperta di arte nucleare; il campo che interessò, all'inizio della sua parabola artistica, Voltolino Fontani. 

Il 27 settembre presso il Museo Civico "Giovanni Fattori" di Villa Mimbelli verrà dunque presentata la monografia digitale sull'opera di Voltolino Fontani, con l'obiettivo di rendere ancora più noto il nome dell'artista livornese in campo nazionale ed internazionale. Del resto le potenzialità del web sono risapute e dopo la mostra pilota del 2002, il comitato Fontani, oggi trasformatosi in Archivio Fontani, si è impegnato più volte in questo senso. 

Nel 2007 su invito di Adila Fontani e della curatrice del sito "Art on web-punti di vista sull'arte"( http://www.artonweb.it/artemoderna/artepostbellica/articolo14.htm) anch'io fui coinvolto in questa avventura, dando alla luce il primo articolo sull'Eaismo pubblicato su di un sito web ( escluso wikipedia). 




sabato 13 settembre 2014

LEGHORN: IL POLLO CHE E' PIU' FAMOSO DELLA CITTA'



Il Pollo livornese protagonista dei cartoon americani


Il porto di Livorno è stato sempre al centro dei traffici commerciali internazionali. All'inizio del XIX secolo si iniziò ad esportare in America anche una particolare razza di galline e polli toscani che divennero subito noti con il nome di "Leghorn chicken" e "Leghorn foghorn". 

In questo caso si trattò proprio di un evento fuori dell'ordinario in quanto dei prodotti non necessariamente livornesi o di produzione esclusiva livornese vennero conosciuti in tutto il mondo come se fossero labronici. La "leghorn chicken" oltre ad una varietà di gallina diventò quindi un vero e proprio marchio commerciale, generato dal connubio tra gli Americani e la forza strategica e reale del porto di Livorno. 

Si può dire che la parola "Leghorn" oggi sia percepita dagli americani più come sinonimo di "pollo" che come sinonimo di città ( Livorno). 

La gallina livornese giunse poi nel Regno Unito, in Olanda, in Australia, in Canada e solo in Germania assunse la denominazione di "gallina italiana". Si creò inoltre il primo "Leghorn club" in  Gran Bretagna, ovvero un'associazione che aveva il compito di preservare la razza  (avicola) livornese. A questo club  sorto nel 1876 e attivo anche ai giorni nostri ne seguirono altri in tutto il mondo.

Ma che cosa avevano le galline livornesi in più rispetto a tutte le altre ( per esempio le padovane) ? Produzione di uova sopra la media, bontà delle uova eccezionale, colorazione bianca delle uova stesse. Le galline poi erano straordinarie a livello estetico e venivano usate anche per delle competizioni di bellezza.

Nel 1946 l'americano Robert McKimson ideò il cartone animato "Foghorn Leghorn" (il Pollo livornese), prodotto dalla Warner Bros per diciassette anni nell'ambito dei famosi "Looney Tunes" e "Merrie melodies". Il pollo aveva un accento del sud degli Stati Uniti e scimmiottava un senatore americano. Fu uno dei cartoni animati più famosi nella storia degli Stati Uniti ed ebbe anche un successo planetario. 

I polli e le galline livornesi sono poi incredibilmente somiglianti alla gente di Livorno, dal momento che non amano la coercizione e vogliono vivere liberi. 

sabato 6 settembre 2014

I LIVORNESI CHE INDUSTRIALIZZARONO LA PROVINCIA DI PISA

Palazzo De Larderel

Un capitolo poco conosciuto riguarda l'apporto fondamentale dei livornesi nell'industrializzazione della provincia di Pisa. 

Qualche mese fà il direttore dell'Archivio di Stato di Livorno, Massimo Sanacore, espresse un concetto che i pisani non hanno apprezzato e i livornesi forse non hanno capito  fino in fondo. Sommerso dalle critiche provenienti dai cittadini della torre pendente, Sanacore affermò che nell'800 e nel '900 Livorno è stata molto più importante di Pisa dal punto di vista economico e sociale. 

Le sue parole sono dimostrate dai fatti. Uno dei primi esempi di industrializzazione italiana ci viene dal livornese Francesco De Larderel, che impiantò la sua impresa di estrazione di acido borico nel sud di Pisa, in una località che poi si chiamò in suo onore "Larderello". De Larderel fu solo il livornese che ebbe successo visto che altri livornesi qualche anno prima avevano tentato di impiantare la stessa attività in quei luoghi abbandonati da Dio e dagli uomini. Che dire poi del ruolo giocato dalla famiglia Orlando nell'insediamento della Piaggio a Pontedera ?

Per finire non possiamo non ricordare il padre della chimica italiana, il livornese Guido Donegani. Fu amministratore delegato della Montecatini, società che promosse lo sfruttamento delle miniere di Montecatini val di Cecina, divenendo in poco tempo un colosso della chimica. Anni dopo si trasformò nella Montedison. 

La grande impresa ai livornesi la piccola e media ai pisani....





sabato 30 agosto 2014

GIANCARLO COCCHIA E LA SACRALITA' DELL'ARTE




Tutto pronto a Collesalvetti per la mostra di Giancarlo Cocchia (1924-1987), indimenticabile maestro della pittura livornese, che aveva studiato all'Accademia di Brera di Milano.

Insegnante di diverse generazioni di aspiranti pittori all'Accademia Trossi Uberti, come per esempio l'artista Dario Ballantini, Cocchia ha saputo coniugare l'anelito alla modernità e quello all'antichità con una sapienza davvero notevole e inconsueta per un pittore livornese ( se si eccettua Amedeo Modigliani)

Queste sue caratteristiche rappresentarono la sua forza, ma anche il suo limite, nel senso che ebbe difficoltà a far accettare la sua arte persino in un contesto cittadino. Ma già verso la fine della carriera aveva collezionato delle importanti committenze italiane all'Università di Camerino e presso il Coro dell'Antoniano di Bologna, senza dimenticare la chiesa livornese di Collinaia.


Di lui non hanno scritto in molti, ma chi l'ha fatto ha sempre cercato di celebrarlo e di trovare dei degni precursori o antesignani della sua personale pittura. Cocchia ha avuto estimatori soprattutto in ambienti culturali piuttosto elevati e collezionisti affezionati come Gino Graziani e famiglia, Luciano Castelli e Renato Orlandini

Non è un artista commerciale, anche perchè di quadri in circolazione ce ne sono pochi e lui del resto non ne ha realizzati moltissimi, a differenza di coloro che militavano nel gruppo labronico.

Personalmente sono soddisfatto di aver partecipato alla votazione del 23 luglio 2010 su wikipedia e di aver dato il mio voto per il mantenimento della voce "Giancarlo Cocchia" all'interno della libera enciclopedia omonima ( finì 12-11 per noi).

Se parlare di Avanguardie livornesi degli anni '50 è sempre stato molto ostico  non possiamo quindi che ringraziare la curatrice Francesca Cagianelli per il suo lavoro presente e futuro atto a  riproporci personalità dimenticate ma di grande valore. 

Ranking top 100: F. C. ( fuori classifica)

mercoledì 27 agosto 2014

ANCORA PRIMATI PER LIVORNO E PER I LIVORNESI








A meno di un mese dal varo di questo blog  i primati di Livorno e dei livornesi, che siamo riusciti ad individuare, sono saliti repentinamente a 147. Per primati intendiamo i record, le primogeniture, e tutte quelle circostanze in cui si può affermare senza termini di smentita che Livorno è arrivata prima delle altre città o un suo figlio è stato il più grande in un certo settore della vita pubblica e privata.

Tra i primati più eclatanti che ci vengono in mente c'è quello  delle 5 medaglie d'oro in un'Olimpiade da parte di Nedo Nadi, o le cariche di alto profilo istituzionale che ha assunto nella sua vita Carlo Azeglio Ciampi, senza trascurare Amedeo Modigliani  al top in Italia per ciò che riguarda il quadro più costoso venduto in un'asta pubblica.

Qualche giorno fà il pisano Meucci ha vinto la maratona agli Europei di atletica. I livornesi allora non sono voluti essere da meno, nonostante le 500 medaglie e più ottenute alle Olimpiadi, ai mondiali e agli Europei in ogni disciplina. Gabriele Detti e Federico Turrini, nel nuoto, hanno incrementato questo già pingue primato, portando così il saldo Livorno-Pisa in questi Europei a 2-1 per i labronici.

domenica 24 agosto 2014

NEDO NADI, LO SCHERMIDORE PIU' GRANDE DI SEMPRE




Non c'è bisogno di presentazioni. Nedo Nadi è stato semplicemente il più grande schermidore di tutti i tempi. i numeri sono tutti dalla sua parte: 6 medaglie d'oro in due Olimpiadi. 5 medaglie d'oro in una singola olimpiade (1920), ottenute con tre armi diverse.

Approfondiamo un pò i dati. Il suo record del 1920 è durato ben 52 anni e battuto soltanto da Mark Spitz nel 1972. Attualmente è posizionato al nono posto tra i più vincenti in una singola olimpiade in ogni epoca e al trentesimo posto tra i più vincenti in una singola olimpiade per ciò che riguarda le gare individuali.

Si è provato più volte a mettere a confronto Nedo Nadi con Edoardo Mangiarotti, schermidore e atleta italiano più vincente di ogni epoca. Il paragone tuttavia non tiene. Mangiarotti ha vinto si 13 medaglie alle olimpiadi di cui 6 d'oro, ma tra queste ultime soltanto una è stata ottenuta in una gara individuale ( spada, 1952). Mangiarotti ottenne poi il suo record in 5 olimpiadi e non in 2 come Nadi.

Nedo Nadi, infatti, fece due olimpiadi e poi passò professionista, anche perchè a quel tempo la scherma dilettantistica non assicurava un avvenire in termini economici. Nel 1930 riuscì a vincere anche un campionato mondiale professionisti e fu l'unico italiano vincitore di medaglie alle olimpiadi a ricoprire anche la carica di presidente della federazione italiana scherma e commissario tecnico della nazionale. 

Uno dei suoi meriti maggiori fu però quello di non farsi avviluppare dall'abbraccio mortale del fascismo, come qualche altro personaggio italiano famoso. Non volle prendere la tessera del partito fascista e per questo fu minacciato più volte dagli squadristi livornesi. Convocato da Benito Mussolini rifiutò poi di aprire una scuola di scherma a Roma, che avrebbe oscurato l'importanza del circolo Fides di Livorno. Nonostante questo il duce acconsentì a nominarlo commissario tecnico della nazionale. Rinunciò ad avere un buon fascista, ma guadagnò un grande allenatore. 

Ranking top 100: n.3

lunedì 18 agosto 2014

LA SAGGEZZA DEI PROVERBI LIVORNESI




I proverbi livornesi sono quanto di più curioso possa esistere nel panorama toscano dove l'originalità è sempre stata un modus vivendi se non un mestiere. La verità è che dietro alla ruvidezza, alla grossolanità e, diciamocela tutta, alla volgarità di certe espressioni c'è una grande cuore. 

I proverbi livornesi sono stati creati dai livornesi stessi e, per quanto possa sembrare lapalissiano, è una delle poche verità incontrovertibili che esistono. Sono massime estemporanee create da persone spesso non famose, ma che ci hanno lasciato un patrimonio di cultura popolare che molti ci invidiano.

W allora i proverbi livornesi e W i livornesi, quando sono geniali.

domenica 10 agosto 2014

IL LIVORNESE CHE FU VICE IMPERATORE D'ETIOPIA





Nel video presentato sopra si parla fugacemente delle vicende di Ilio Barontini, il "comandante Dario" di tante imprese antifasciste, il guerrigliero che per qualcuno rappresentò un Che Guevara ante litteram. Una delle poche personalità ( non sappiamo se l'unica) a cui venne appuntata al petto la bronze star medal ( inglese) e l'ordine della stella rossa ( sovietica). 

Fu anche combattente in Etiopia, su invito del Negus Haillè Selassiè, che lo nominò per l'occasione "vice imperatore di Etiopia". 

Un vero gigante che la storia non ha apprezzato sufficientemente e che anche Livorno, al di là di qualche gara remiera o intitolazione di strada, non ha saputo valorizzare. D'altra parte, Barontini non lasciò memorie personali, libri o documenti, e questo alla fine non ha favorito la giusta rivalutazione della sua azione militare, politica e soprattutto umana.

Nato a Cecina, morì in un incedente stradale nel 1951.

Ranking top 100: n. 20

domenica 3 agosto 2014

ARMANDO PICCHI, INVENTORE DELLA GABBIONATA






Armando Picchi, libero dell'Inter e della nazionale italiana, nonchè allenatore della Juventus, non è stato soltanto un grande giocatore che ci ha lasciato troppo presto. E' stato anche uno dei simboli della Livorno del dopoguerra che desiderava rialzarsi dalle macerie dei bombardamenti. 

Armandino, come era chiamato, è stato anche una persona attiva, dinamica e curiosa. Basti pensare al fatto che ideò la cosiddetta "Gabbionata", ovvero una variante del calcio che si gioca a Livorno e in certe parti di Pisa. La sua idea era quella di circondare con rete di ferro il campo di calcio ( o di basket) dei vari stabilimenti balneari in modo che la palla non potesse uscire. Per evitare che cadesse in acqua, Armandino provvide anche a coprire la parte superiore del gabbione ( il "soffitto").

Aveva appena commissionato la costruzione di un gabbione di ferro. Quello che mancava era la gabbionata, ovvero il gioco. Con alcuni amici dei "Bagni Fiume" inaugurò il gabbione e piano piano vennero fuori le regole di quello che può essere giustamente considerato come un nuovo sport, o almeno un nuovo modo di giocare al calcio, che poi è stato copiato un pò in tutto il mondo.

I livornesi ci giocano non soltanto d'estate, ma anche d'inverno e fuori dagli stabilimenti balneari.


Ranking Top 100: n. 7

giovedì 24 luglio 2014

CARLO COCCIOLI SCRITTORE ALIENO






Così il Corriere della Sera intitolava all'indomani della scomparsa del grande scrittore livornese, trapiantato in Messico. Una vita avventurosa la sua che lo aveva portato prima in Francia e poi, dopo uno scandalo, in Messico, il paese che lo aveva adottato e consacrato come uno dei massimi scrittori del paese. 

L'Italia, divisa in gruppi letterari che si facevano la guerra tra di loro, non lo seppe o non lo volle capire. Ma del resto le tematiche portate avanti da questo cattolico omosessuale non erano delle più facile da comprendere e da accettare.

E' stato forse l'unico scrittore del '900 italiano a scrivere indistintamente in 3 lingue: italiano, francese e spagnolo. Apostolo della tolleranza si avvicinò ad un pò tutte le religioni più importanti del globo, elaborando dei romanzi che partivano da quelle esperienze.

Anche Livorno ora gli dedica finalmente una strada. Meglio tardi che mai. 


RANKING TOP 100: n. 19